La negoziazione assistita nelle controversie di lavoro
Tra le varie novità introdotte dalla c.d. Riforma Cartabia (D.Lgs. n. 149 del 10 ottobre 2022) annoveriamo anche l’introduzione della disciplina della negoziazione assistita nelle controversie di lavoro (art. 2-ter D.L. n. 132/2014, convertito con modificazioni dalla L. n. 162/2014), entrata in vigore il 28 febbraio 2023.
La negoziazione assistita rappresenta uno strumento alternativo, rispetto alla giurisdizione ordinaria, di risoluzione della controversia, e prende avvio con un accordo (convenzione) mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati.
La nuova disciplina riconosce alle parti la possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita laddove tra le stesse sia sorta una controversia in materia di lavoro ai sensi dell’articolo 409 c.p.c., ossia con riferimento a:
- rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all’esercizio di una impresa;
- rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonché rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie;
- rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato;
- rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica;
- rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, sempreché non siano devoluti dalla legge ad altro giudice.
È necessario, tuttavia, che la controversia non abbia ad oggetto diritti indisponibili delle parti.
La procedura è facoltativa e non costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
L’instaurazione della stessa avviene mediante invito, da una parte all’indirizzo dell’altra, ad aderire ad una convenzione di negoziazione assistita, nella quale vengono indicate le ragioni del contendere, le pretese del lavoratore, le controdeduzioni del datore di lavoro ed il termine temporale per l’espletamento del tentativo.
Ciascuna parte deve essere assistita da almeno un avvocato e, in aggiunta, può anche essere affiancata da un consulente del lavoro.
Non è necessario che le attività vengano svolte in presenza: le parti potranno ricorrere a sistemi audiovisivi ed informatici che consentano la trattazione a distanza.
Nel corso della procedura possono essere acquisite dichiarazioni confessorie o dichiarazioni di terzi su fatti rilevanti ai fini della lite.
Avviata la procedura, le parti non sono tenute a portarla fino in fondo, né obbligate a concludere un accordo, ben potendo abbandonare la stessa in ogni momento.
Ove invece raggiungano l’accordo, questo costituirà titolo esecutivo e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
Gli avvocati saranno chiamati a certificare con propria firma l’autografia delle sottoscrizioni delle parti e la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico.
I legali sono, altresì, tenuti a depositare a mezzo pec copia dell’accordo al Consiglio dell’Ordine circondariale del luogo ove l’accordo è stato raggiunto, ovvero al Consiglio dell’Ordine presso cui sono iscritti i legali, utilizzando l’apposito gestionale messo a disposizione dal Consiglio Nazionale Forense.
Inoltre, la disposizione impone alla parte più diligente di trasmettere l’accordo, entro dieci giorni, ad uno degli organismi di cui all’articolo 76 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276: Enti bilaterali costituiti dalle associazioni di datori e prestatori di lavoro nell’ambito territoriale di riferimento o a livello nazionale, Ispettorato Territoriale del Lavoro, Consiglio provinciale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro, Università pubbliche e private, comprese le Fondazioni universitarie, registrate nell’Albo istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, etc.
Sul punto si è acceso un dibattito causato dalla scarsa precisione della norma.
Infatti, l’art. 2-ter del D.L. n. 132/2014 di recente introduzione non specifica le ragioni per cui l’accordo debba essere trasmesso alle Commissioni di certificazione, né indica i criteri secondo cui individuare la Commissione di certificazione deputata nel caso concreto a ricevere l’accordo, né tantomeno illustra gli eventuali adempimenti in capo alle Commissioni di certificazione o le conseguenze derivanti dalla mancata trasmissione dell’accordo.
Si segnala, infine, che l’accordo eventualmente raggiunto dalle parti sarà inoppugnabile ai sensi dell’articolo 2113, comma 4, c.c., limitatamente alla parte economica relativa alle pretese avanzate dal prestatore di lavoro (sono esclusi, pertanto, accordi in relazione ai contributi dovuti dal datore di lavoro, salvo sia intervenuta la prescrizione).
Laddove, invece, le parti non raggiungano l’accordo a composizione della controversia, saranno libere, se lo riterranno, di avviare un giudizio in merito.
L’eventuale impossibilità di raggiungere un accordo dovrà risultare da apposito verbale sottoscritto dalle parti. Gli avvocati designati certificheranno l’autografia delle firme.
La normativa non pone in capo alle parti particolari adempimenti successivi al mancato raggiungimento dell’accordo, salvo chiedere ai legali di rilasciare una certificazione al riguardo.
Autore: Avv. Roberta Amoruso
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