Abrogazione delle liste di mobilità ordinaria
L’articolo 2 della legge n. 92 del 2012, nota come Riforma Fornero, ha disposto, a far data dal primo gennaio 2017, l’abrogazione degli istituti connessi alla mobilità. In particolare si tratta della prestazione a sostegno del reddito nota come indennità di mobilità ordinaria, della possibilità di iscrizione nelle liste di mobilità e dei conseguenti incentivi per l’assunzione dei lavoratori ivi iscritti.
Gli ultimi lavoratori ad aver avuto accesso alle liste di mobilità sono stati quelli licenziati a fino a prima del 30 dicembre 2016. Questo in quanto l’iscrizione nelle liste decorre dal giorno successivo alla data di licenziamento, pertanto restano esclusi dal diritto all’indennità e dal diritto ad esser assunti con incentivi tutti i lavoratori licenziati dal 31 dicembre 2016 in avanti.
Erano destinatari della normativa sulla mobilità i dipendenti delle aziende di questi settori che nel semestre precedente l’avvio della procedura di mobilità abbiano occupato mediamente:
- INDUSTRIA: più di 15 dipendenti;
- COMMERCIO: più di 50 dipendenti;
- Aziende artigiane dell’INDOTTO nel solo caso in cui anche l’azienda committente abbia fatto ricorso alla mobilità;
- LOGISTICA: più di 50 dipendenti;
- AGENZIE di VIAGGIO e TURISMO: più di 50 dipendenti;
- IMPRESE DI VIGILANZA: più di 15 dipendenti.
Cosa comportano queste modifiche?
Per i datori di lavoro l’abrogazione dei trattamenti sopra richiamati comporta, dalla medesima data, una riduzione delle aliquote contributive, infatti viene meno l’obbligo di versamento del:
- contributo ordinario di mobilità, pari allo 0,30% della retribuzione imponibile;
- contributo d’ingresso alla mobilità.
Mentre il contributo d’ingresso era meramente eventuale, dovuto dai soli datori di lavoro che avessero avviato la procedura di mobilità, il contributo dello 0,30% era versato da tutte le imprese che avrebbero potuto avere accesso all’istituto.
Per tutti i datori di lavoro con più di 15 dipendenti, che vogliano porre in essere riduzioni di personale con almeno 5 licenziamenti, l’unica via percorribile sarà quella della procedura di licenziamento collettivo. Per i lavoratori interessati, la cessazione delle prestazioni economiche legate alla mobilità implica che l’unico istituto residuante, in base al quale vengano erogate prestazioni economiche, sia la NASPI. Tale istituto coprirà tutti i settori e ogni lavoratore dipendente.
In caso di licenziamenti collettivi le aziende saranno tenute al versamento del contributo NASPI previsto dall’articolo 2, c. 31 della legge 92/12: il contributo sulle interruzioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Per l’anno 2016 la soglia annuale del contributo corrisponde a € 489,95 e l’importo massimo, riferito ai rapporti di lavoro della durata pari o superiore a 36 mesi, è di € 1.469,85. Per l’anno 2017 si è ancora in attesa della rivalutazione dell’importo da parte dell’INPS. Nei casi di licenziamento collettivo, in cui la dichiarazione di eccedenza del personale non abbia formato oggetto di accordo sindacale, il valore del contributo in questione è moltiplicato per tre volte.
In via definitiva a partire dal 2017 tale contributo non è dovuto nelle seguenti situazioni:
- licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto;
- interruzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere.
Per quanto concerne il sostegno al reddito per i lavoratori la durata del trattamento economico è parametrata in base alla residenza e all’anzianità anagrafica per la mobilità, mentre, per quanto concerne la Naspi, si calcola esclusivamente in relazione all’anzianità contributiva.
I valori dell’indennità di mobilità per l’anno 2016, al netto della contribuzione prevista dalla legge 41 del 1986, erano pari a 914,96 euro se la retribuzione di riferimento era inferiore o uguale a 2.102,24 euro lordi ed a 1.099,70 se superiore.
La durata della Naspi è pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni, per un massimo di 24 mesi, con importi che a partire dal quarto mese in poi diminuiscono progressivamente del 3%. L‘importo massimo non può superare il 75% della retribuzione se la stessa è pari od inferiore a 1.195,00 euro (valore del 2016), mentre se è superiore, va aggiunto il 25% del differenziale tra la retribuzione mensile ed il predetto importo con un tetto massimo fissato a 1300 euro. Anche in questo casso, per l’anno 2017 si è ancora in attesa della rivalutazione dell’importo da parte dell’INPS.
Nella tabella di seguito si espone il caso di un lavoratore con un lordo mensile indicativo di 2.400 euro: sono messi a confronto gli importi e le durate massime eventualmente spettanti per i due istituti.
I lavoratori che hanno acquisito il diritto alla prestazione di indennità di mobilità entro il 30/12/2016 lo potranno conservare, nei limiti previsti, anche per gli anni successivi, fatti salvi i casi di decadenza o perdita del diritto.
Sul versante dei lavoratori, invece, l’abrogazione degli incentivi per l’assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità comporterà una maggior difficoltà a ricollocarsi all’interno del mondo del lavoro. Gli incentivi disciplinati dall’articolo 8, commi 2 e 4, e dall’articolo 25, comma 9, della legge 223/1991 troveranno applicazione fino alla loro naturale scadenza per le assunzioni, trasformazioni o proroghe effettuate entro il 31 dicembre 2016, anche se il termine di fruizione dell’incentivo dovesse scadere successivamente alla suddetta data. Per le assunzioni, proroghe o trasformazioni effettuate in data successiva al 31 dicembre 2016, il regime agevolato non potrà trovare applicazione, a prescindere dalla data di iscrizione del lavoratore nelle liste di mobilità.
La cessazione dell’incentivo legato all’assunzione di lavoratori iscritte nelle liste di mobilità riduce in modo rilevante l’attrattiva all’assunzione di tali soggetti. Data la concomitante cessazione dell’esonero contributivo garantito negli anni precedenti, il ventaglio di agevolazioni disponibili per i datori di lavoro si è notevolmente ristretto. La conservazione dell’incentivo all’assunzione di lavoratori già iscritti alle liste di mobilità, quantomeno per l’anno 2017, avrebbe consentito di mantenere appetibile l’assunzione di una rilevante quantità di soggetti privi di occupazione, nonché di garantire ai datori di lavoro la possibilità di accedere ad un’agevolazione. Ma così non è stato.
Dott. Dimitri Cerioli