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20 Dicembre 2022 | Approfondimenti tecnici

Credito Welfare 2022 e legge di Bilancio 2023

Dall’innalzamento a tremila euro del credito welfare di fine anno 2022 al nuovo cuneo fiscale secondo la legge di bilancio 2023.

Concludere in bellezza per poi ripartire. O, almeno, così dovrebbe essere.

A veder bene, la conclusione normativa dell’anno 2022 in tema di “apertura fiscale” (esenzione fino ad euro tremila) unitamente all’introduzione di sistemi di fringe benefits innovativi (rimborso delle bollette domestiche) non sembra trovare accoglimento nella bozza di legge di bilancio 2023.

Proseguiamo, seguendo un ordine cronologico, con alcune riflessioni in materia.

 

Credito welfare 2022

Tremila euro: tale la nuova soglia di benefit in natura esenti (o rimborsi di utenze) disposta dal nostro esecutivo a mezzo del c.d. DL “Aiuti quater”.

Il decreto, n°176/2022 pubblicato in data 18 novembre 2022, reca un articolo 3 che, al comma 10, dispone una modifica sostanziale del previgente articolo 12, comma 1, del decreto legge n° 115 dello scorso 9 settembre (convertito in legge n° 142 del 21 settembre 2022).

La norma appare lessicalmente chiara. Si dispone l’innalzamento della soglia di esenzione fiscale disposta dall’articolo 51 comma 3 del TUIR, già aumentata ad euro 600 a cura del c.d. decreto “aiuti bis”, fino ad un valore pari ad euro tremila per l’anno 2022 (quindi da corrispondere entro il 12 gennaio 2023). 

Il disposto normativo (comma 10 dell’art 3) testualmente recita così:

“All’articolo 12, comma 1, del decreto-legge 9 agosto  2022,  n. 115, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2022, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:

  1. a) dopo le parole «dall’articolo 51, comma 3,» sono  inserite  le seguenti: «prima parte del terzo periodo,»;
  2. b) le parole «euro 600,00» sono sostituite dalle seguenti:  «euro 3.000».”

La novella introdotta del decreto “Aiuti quater” opera sul testo del “Aiuti bis”, andando non solamente a modificare il valore, da euro 600,00 ad euro 3.000,00, ma introducendo anche le parole “prima parte del terzo periodo” dopo la previsione che richiama il previgente testo dell’art 51 comma 3 del TUIR.

Nei fatti, la volontà dell’attuale governo di richiamare proprio quel periodo specifico, sembra deporre a favore, come è, dell’ampliamento del valore di € 3.000,00 euro – sia per quanto ai beni in natura o servizi sia per quanto all’innovativo sistema di rimborso / somme votate al rifondere i lavoratori del costo dell’approvvigionamento energetico, idrico o elettrico.

La materia è stata già oggetto di interpretazione da parte dell’Agenzia delle Entrate che, con circolare 35/E del 04 novembre 2022, ha provveduto a consegnare i propri chiarimenti (a distanza di poco meno di tre mesi dall’entrata in vigore del D.L. c.d. Aiuti Bis).

In tal sede l’amministrazione finanziaria ha fornito alcune precisazioni circa la conservazione delle bollette oggetto di futuro rimborso e le autocertificazioni attestanti la circostanza che il rimborso richiesto sia unico e non ripetuto da altri familiari presso altri imprenditori. Ma, ancor più rilevante, l’amministrazione finanziaria ha chiarito come il valore di euro 600,00 debba comunque rispettare le prerogative dell’art 51 comma 3. In sintesi, il superamento di tale valore determinerà l’imponibilità totale del bene, servizio o bolletta erogata o riconosciuta.

Proprio tale determinazione, nonostante il testo novellato dell’art 12 del D.L. 115/2022 (che lessicalmente appare inequivocabilmente preordinato all’innalzamento della soglia da 600,00 euro a 3.000,00 euro), deve portarci a riflettere e ad essere prudenti. Siamo davvero sicuri che, attesa la portata del disposto normativo, risultino bastevoli i 243 milioni di euro previsti?

Peraltro la modalità di calcolo del fondo di cui sopra, traspare dai lavori per la conversione in legge del decreto “Aiuti Quater”. Nella relativa relazione tecnica si precisa infatti di aver quantificato il fondo attingendo dalle “elaborazioni effettuate sul modello di certificazione unica per l’anno di imposta 2021” rilevando che “l’ammontare del valore in esame per gli importi compresi tra 600,00 e 3.000,00 sia di circa 610 milioni di euro”. Importo che, prudenzialmente, viene incrementato fino ad euro 811,3 milioni. Applicando a questa somma una “aliquota marginale media del 30 per cento” si determinerebbe il minore gettito per un valore di euro 243 milioni (IRPEF).

Come non citare – attesa l’armonizzazione tra retribuzione imponibile fiscale e contributiva – il risparmio cospicuo anche per le aziende che, avendo concesso benefits (uno su tutti, autoveicoli in uso promiscuo), potranno recuperare i contributi da loro sostenuti sempre all’interno dei famosi 3.000,00 euro?

Se a livello fiscale si stima una aliquota del 30 per cento marginale (quindi, ad esempio, su un valore imponibile di euro 2.000,00, le mancate imposte stimate ammontano ad euro 900,00), a livello contributivo una previsione astratta non può discostarsi dalla stessa quantificazione (assumendo una aliquota previdenziale aziendale pari al 30% o poco meno).

 

 

legge-di-bilancio-2023

 

La bozza della legge di bilancio 2023

Con la pubblicazione del testo, per quanto in bozza “bollinata”, della legge di bilancio 2023, l’esecutivo ha lasciato trapelare la propria volontà di procedere verso una riduzione della “pressione fiscale” verso le imprese, i lavoratori autonomi e anche i lavoratori subordinati.

L’articolo 15 della bozza di legge di bilancio, rubricato “Riduzione dell’imposta sostitutiva applicabile ai premi di produttività dei lavoratori dipendenti”, riporta una semplice previsione che merita di essere integralmente trascritta:

  1. Per i premi e le somme erogati nell’anno 2023 l’aliquota dell’imposta sostitutiva di cui all’articolo 1, comma 182, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è ridotta al 5 per cento.”

L’intento dell’esecutivo è quello di consentire una minore imposizione fiscale dei c.d. “premi detassabili” ovvero quelle premialità che trovano fondamento normativo e contrattuale nelle previsioni dell’art 1, comma 182, della legge n°208/2015 e nel successivo decreto interministeriale del 29 aprile 2016, il cui articolo 2 denominato “premi di risultato e criteri di misurazione” consegna una definizione positiva di premio di risultato ovvero “le somme di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione” .

Attualmente la tassazione della percezione in denaro dei sopra citati premi, stabiliti e istituiti con accordo sindacale (ai sensi dell’art 51 del D.lgs. n° 81/2015) e ritualmente depositati, è pari al 10%. A questo proposito deve ricordarsi come l’accordo sindacale potrebbe disporre non solamente il riconoscimento della premialità subordinata alla concretizzazione dei risultati prefissati ma anche la sua conversione in sistema di welfare ex art 51 (e non solo) del testo unico delle imposte sui redditi. Ci si chiede, dunque, se la previsione in diminuzione dell’aliquota fiscale in favore dei soli lavoratori (il costo per l’azienda, è da ricordarlo, rimarrebbe invariato) possa recare benefici alle politiche di welfare aziendale che, poco alla volta, stavano finalmente per essere considerate anche dalle medie imprese italiane.

Per quanto l’intento sia meritorio, astrattamente la minore tassazione, prossima allo zero, potrebbe scoraggiare i lavoratori dal determinare la conversione, se prevista, del premio in sistemi di flexible benefits (con benefici sia datoriali sia riferiti ai collaboratori subordinati).

Non solo: nella bozza di legge di bilancio non si rinviene alcun disposto normativo in relazione all’aumento della soglia di esenzione di cui all’articolo 51 comma 3 per quanto al post 2022. Nel 2023, alla data di redazione di questo contributo, non appare sussistere alcuna previsione estensiva dei oramai granitici 258,23 euro. Il che, per chi intende approcciarsi a sistemi di welfare aziendali, potrebbe non essere una buona notizia.   

Conlcusioni

Per concludere, deve essere segnalata una agevolazione che ha già interessato i datori di lavoro nel corso del 2022 ovvero la riduzione di due punti percentuali dei contributi a carico dei lavoratori stessi.

Inizialmente pensata come esonero di 0,8 punti percentuali nel periodo 01 gennaio – 30 giugno a cura della legge di bilancio precedente (legge n°234 del 2021), estesa di 1,2 punti percentuali a sommarsi ai precedenti dal 01 luglio 2022 al 31 dicembre 2022 per effetto del DL c.d. “aiuti bis” (DL 115/2022 convertito in legge n° 142 del 2022), la stessa viene estesa anche alla futura annualità, sempre a beneficio di chi possa vantare una retribuzione imponibile previdenziale inferiore ad euro 2.692,00 mese per tredici mensilità.

La novità, insita nell’art 52 in parola, deve rilevarsi nella possibilità di incrementare di un ulteriore punto percentuale l’agevolazione sopra descritta, a beneficio di coloro i quali saranno destinatari di retribuzioni imponibili inferiore ad euro 1.538,00 per tredici mensilità.

Se fosse questa la determinazione governativa, almeno l’anno 2023 potrebbe partire con il piede giusto. Perché conoscere la norma e sapere come applicarla è già un passo avanti (il 2022, su questo, non è stato un anno da encomiare).

REGIONE TOSCANA:
Accreditamento ai sensi DGR 1407/16 e ss.mm.ii. con decreto n. 19591 del 10/12/2018 (Codice Organismo OF0062).
Accreditamento Regione Toscana ai Servizi per il Lavoro (Settore Servizi per il Lavoro di Arezzo, Firenze E Prato) Decreto n. 403 del 20/09/2021

REGIONE EMILIA-ROMAGNA:
Accreditamento ai sensi D.G.R. n. 177/2003 e ss.mm.ii. con delibera della Giunta Regionale n. 1837 del 05/11/2018 (Cod. Org. 12927) per gli ambiti Formazione Continua e Permanente e Apprendistato.

REGIONE LOMBARDIA:
Iscrizione all’Albo regionale dei soggetti accreditati per i Servizi di Istruzione e Formazione Professionale al numero di iscrizione 1141 del 03/04/2019.

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